Ricorso  della regione Veneto in persona del presidente pro-tempore
 della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli  avvocati  Ivone
 Cacciavillani,  del foro di Venezia, e Luigi Manzi, del foro di Roma,
 con  domicilio  eletto  allo  studio  del  secondo   in   Roma,   via
 Confalonieri  5,  giusta  delibera  di  G.R.  prodotta  in atti e per
 speciale procura qui a margine, contro il  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale,
 in parte qua degli artt. 4, 8 e 9 del d.lgs. 29 gennaio 1998, n.  19,
 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 11 febbraio 1998, n. 34.
                               F a t t o
   Il   d.lgs.  (in  seguito  d.lgs.)  29  gennaio  1998,  n.  19,  ha
 trasformato l'ente pubblico  "La  Biennale  di  Venezia"  in  persona
 giuridica  privata  denominata  "Societa'  di  cultura La Biennale di
 Venezia", a norma dell'art. 11, comma 1, lettera b), della  legge  15
 marzo 1997, n.  59.
   In  particolare,  l'art.  4  del decreto legislativo prevede che lo
 statuto  della  "Societa'  di  cultura",  elaborato  ed  adottato   a
 maggioranza  assoluta  del  consiglio di amministrazione, debba esser
 approvato  "con  decreto  del  Ministro  per  i  beni   culturali   e
 ambientali,  di  concerto  con il Ministro del tesoro, del bilancio e
 della programmazione economica", e che,  ove  lo  statuto  non  venga
 adottato  entro  il  termine  di  centocinquanta giorni dalla data di
 entrata in  vigore  del  decreto  stesso,  "il  Ministro  per  i  ben
 culturali e ambientali, entro i quindici giorni successivi, nomina un
 commissario il quale provvede entro trenta giorni dalla nomina".
   Nell'individuazione degli organi costitutivi, l'art. 8 del medesimo
 decreto  legislativo  dispone  che  il  Presidente  della Societa' di
 cultura La Biennale  di  Venezia  "venga  nominato  con  decreto  del
 Ministro  per  i  beni culturali e ambientali, sentite le Commissioni
 permanenti della Camera dei deputati e del Senato della  Repubblica",
 mentre  il  successivo art. 9 prevede che il componente regionale del
 Consiglio di amministrazione  debba  essere  nominato  dal  Consiglio
 regionale del Veneto.
   Le   disposizioni   legislative  sopra  indicate,  rapportate  alla
 specialissima natura giuridica e storica della "Biennale di Venezia",
 paiono  invasive  della   sfera   di   competenza   assegnata   dalla
 Costituzione  alla Regione ricorrente, e comunque - in relazione alla
 specifica  funzione  svolta  dalla    "Biennale"  -  comportano   una
 "menomazione"   delle   attribuzioni  da  riconoscersi  alla  regione
 medesima in forza dei principi di rango costituzionale e delle  norme
 che  di  questi  costituiscono  il  necessario  complemento; donde la
 presente censura di illegittimita' costituzionale.
                        Premessa d'impostazione
   L'esame del ricorso non puo' prescindere dall'origine storica della
 "Biennale", ben preesistente all'avvento della  regione,  espressione
 tipica  di  quell'universalita'  culturale tradizionalmente da secoli
 riconosciuta al  "mito  di  Venezia",  che  ha  fatto  dichiarare  la
 funzione,  "impersonata"  dalla  secolare istituzione, di "preminente
 interesse nazionale" (art. 2.1.). Sono tali  carateri  peculiarissimi
 dell'Istituzione   oggetto  del  decreto  legislativo  impugnato  che
 sostanziano  e  condizionano  le   censure   dedotte;   nelle   quali
 l'esercizio  della  discrezionalita'  di  merito  del  legislatore si
 scontra contro la realta'  intaccata  dal  provvedimento  legislativo
 impugnato, condizionandone la legittimita' costituzionale.
    La   funzione   storicamente   consolidata   della   Biennale   e'
 essenzialmente "veneziana", come  del    resto  -  al  di  la'  delle
 disposizione  impugnate  -  lo  stesso decreto legisaltivo ampiamente
 riconosce.  Esso  (come  connotazione  istituzionale  non  scevra  di
 significato   sul   piano   sistematico)   ne  sancisce  l'inequivoca
 "venezianita'" anche logistica laddove (art.  2.1) stabilisce che "la
 Societa' di cultura ha sede a Venezia"; e (art. 7.3) che  "le  sedute
 gli organi si svolgono a Venezia").
   La "venezianita'" della secolare tradizione della Biennale ne fa un
 tratto  caratteristico  di  quello  che  l'art.  2  comma primo dello
 Statuto regionale definisce il "popolo Veneto" - inteso come  insieme
 delle  "comunita'  della popolazione" a cui fa riferimento il secondo
 comma dell'art. 1 del medesimo statuto -,  valorizzato come substrato
 soggettivo della regione.
   Nell'assetto dato alla Societa' di cultura dal decreto  legislativo
 impugnato  la  preminenza  (netta  e inequivoca) dello Stato e' fatta
 discendere dalla declaratoria che quella esercitata dalla Biennale e'
 funzione "di preminente interesse nazionale" (art. 2.1). E' da questo
 enunciato che discende l'incostituzionalita' denunciata.  Fermo  quel
 "preminente   interesse   nazionale"   della  Biennale,  la  sua  ben
 connaturata  ed  essenziale  "venezianita'"  ne  fa  una   componente
 indissolubilmente  legata  alla tradizione e quindi all'identita' del
 "popolo    veneto",     che     dev'essere     rispecchiata     anche
 nell'organizzazione  della Societa' di cultura creata all'unico scopo
 di impersonarla e gestirla, e specificamente nell'elaborazione  dello
 statuto  e  nella composizione degli organi rappresentativi di  essa,
 primo fra tutti il C.d.A.
   Il punto centrale del ricorso e  il  seguente:  posto  la  funzione
 della  Biennale  (che  poi  sia  definita  "societa  di  cultura" non
 dovrebbe essere riduttivo  della  sua  altissima  funzione  culturale
 mondiale)  e'  di  "preminente  interesse  nazionale",  e che essa e'
 connaturata  con  la  funzione  culturale  mondiale  di   Venezia   e
 profondamente   radicata  nel  "popolo  veneto"  nel  senso  definito
 dall'art. 1 dello Statuto, la rappresentanza preminente  in  seno  ad
 essa  spetta  alla  regione,  come  espressione  della  sua  funzione
 istituzionale e  costituzionale,  e  non  allo  Stato.  L'assunto  si
 coniuga   con  altro  enunciato  (che  sotto  taluno  profilo  e'  la
 controfaccia del primo), che non tutto quello che  e'  "di  interesse
 nazionale" e' necessariamente rappresentato in priorita' dallo Stato,
 potendolo  essere  - quando l'interesse sia radicato nel territorio -
 dalla  regione,  che  della  Repubblica   (soggettivizzazione   della
 Nazione) e' rappresentante in parte qua istituzionale e necessaria.
                              M o t i v i
   1.  -  Le  norme  di  legge censurate debbono ritenersi - sempre in
 relazione  allo  specifico  "valore"  intaccato  -  confliggenti  col
 fondamentale  principio  di  autonomia  della  regione, principio che
 trova generale riconoscimento  nell'art.  115  della  Costituzione  e
 concreto contenuto, per le questioni sollevate nel presente giudizio,
 negli  artt.  1 e 2 dello Statuto della regione ricorrente, approvato
 con la legge 22 maggio 1971 n. 340.
   Sul punto va rilevato che lo Statuto regionale, al quale spetta  il
 compito  di  dettare  "le  norme  relative all'organizzazione interna
 della  regione"   (da   intendersi   non   tanto   come   ordinamento
 "burocratico-amministrativo" degli uffici, quanto nel senso piu' lato
 di  assetto  programmatico delle funzioni e dei compiti assunti dalla
 regione quale ente esponenziale della comunita' locale) non puo'  non
 essere   assunto  a  parametro  di  costituzionalita'  (anche)  delle
 disposizioni  di  legge  statale,  essendo  esso  diretto  a  rendere
 effettivo il principio di autonomia sostanziale
  della  regione,  intesa  come  titolarita'  e tutela prioritaria dei
 "valori" propri (del proprio "popolo" e del proprio  territorio).
   Tra gli art.  123  e  115  della  Costituzione  esiste  invero  una
 relazione  "biunivoca",  ne  senso  che,  per un verso, lo statuto e'
 epressione primaria dell'autonomia della regione, mentre,  per  altro
 verso,  quella  stessa  autonomia  trova  effettivita'  e concretezza
 proprio   e   innanzitutto   nelle   disposizioni   statutarie,   che
 identificano  gli  scopi  e  i  contenuti fondamentali dell'attivita'
 dell'Ente.
   Lo  Statuto  assume  cosi'   ruolo   "integrativo"   del   disposto
 costituzionale  che attribuisce alla  regione uno spazio di autonomia
 nell'ambito dei rapporti  con  lo  Stato,  assurgendo  a  criterio  e
 parametro  "sub-costituzionale" per la valutazione della legittimita'
 delle leggi dello Stato.
   In questo quadro l'attribuzione ad organi dello Stato  di  funzioni
 connotanti  nel loro complesso una chiara ed univoca preminenza dello
 stesso sia nella costituzione degli  organi  "societari",  sia  nella
 gestione  della  Biennale  (ne'  il  fatto  che  sia  stata  definita
 "societa'" puo' per nulla alterarne i caratteri storici e  funzionali
 universalmente riconosciutile dal consenso mondiale), integra appieno
 la  violazione  costituzionale  qui  denunciata.  Invero,  competenza
 all'approvazione dello statuto della "Societa' di cultura" (art. 4.2)
 e alla nomina del presidente del  Consiglio  di  Amministrazione  (in
 seguito  C.d.A.), unita agli altri elementi - anche eventuali - infra
 brevemente   illustrati,   dimostra   l'assoluta   preminenza,    sia
 strutturale  che funzionale, dello Stato che contrasta con i principi
 costituzionali individuati.
   2. - La funzione di approvare lo statuto (solo) adottato dal C.d.A.
 (nel  quale la regione ha posizione marginale e comunque sottordinata
 alla maggioranza "altrui") ad opera soltanto dello  Stato  (Ministero
 B.C.A.,  di  concerto  con  quelli  del  Tesoro, del Bilancio e della
 Programmazione), senz'alcun intervento autonomo o individuante  della
 regione  (che  concorre  in  posizione paritaria - ai sensi dell'art.
 4.2, prima parte, del secondo comma  -  con  gli  altri  Enti,  anche
 privati:  con  l'ulteriore  limite eventuale di cui all'art. 9.6, sul
 quale si tornera' infra), in  sede  di  adozione,  connota  non  solo
 un'assoluta  priorita'  dello  Stato, ma anche una vera e altrettanto
 effettiva  esclusione  della  regione  da  ogni  apporto  autonomo  e
 comunque autonomamente rilevante, in sede sia di approntamento che di
 approvazione  dello  Statuto  della  Societa'  di cultura. Risponde a
 canoni classificatori universalmente ritenuti, ed invero ovvi, che la
 competenza all'approvazione dello statuto di un ente (sia privato che
 pubblico) comporta la  piena  disponibilita'  di  esso  e  della  sua
 funzione,   nonche'   l'assoluta   sovranita'   sull'Ente  (o  meglio
 sull'interesse  perseguito  o  assegnato  all'ente),  essendo   nello
 statuto  che  vengono  fissati  i suoi fini specifici e le forme e le
 modalita' della loro  attuazione.  In  questo  campo,  non  tanto  di
 priorita'   statale  si  puo'  parlare,  bensi'  di  vera  e  propria
 esclusione regionale.
   3. - La nomina del  Presidente  ad  opera  dello  Stato  non  trova
 giustificazione  alcuna  nella  disciplina codicistica delle societa'
 (la scelta  della  formula  societaria,  da  parte  del  legislatore,
 financo  nella  -  pur  incongrua  - denominazione, non puo sganciare
 l'organizzazione  dell'entita'  privata  di   nuova   creazione   dal
 paradigma  tipico  delle  "societa'" regolato dal codice civile); non
 solo, ma dimostra una priorita' della posizione "statale", che sembra
 la piu' incompatibile con la "venezianita'" della Biennale.
   Stabilita la costituzione della Societa'  di  cultura,  il  decreto
 legislativo  ne  regola  (art.  7) gli organi, affidando al C.d.A. la
 funzione di governo della "societa'" (art. 10). E' sulla composizione
 di tale C.d.A. che il presente motivo s'appunta.
   I componenti del C.d.A. sono suddivisi in  tre  categorie:  (a)  il
 rappresentante  del  Governo  -  Ministero  dei  beni  culturali,  in
 posizione ingiustificatamente (donde il ricorso)  preminente;  (b)  i
 rappresentanti  degli  Enti  "soci  necessari",  regione,  provincia,
 comune; (c) i rappresentati degli  altri  Enti  e/o  privati  di  cui
 all'art.  5.2  (soci eventuali).   Sempre in tema di composizione del
 C.d.A. rilevante e' l'art. 9.6, secondo cui,  "se  la  partecipazione
 dei  soggetti  di  cui  all'art.  5  e'  pari  o superiore al 25% del
 patrimonio (?) della Societa'",  la  sua  composizione  "puo'  essere
 elevata  a  sette  membri;  in  questo caso gli altri due membri sono
 nominati dai soggetti di cui all'art. 5.2".   Ove si  verifichi  tale
 ipotesi  (e  incomprensibile  appare  il  riferimento  alla "quota di
 patrimonio", laddove, al di la' dell'incredibile rozzezza, si  voleva
 forse  dire  "quota  sociale"),    il C.d.A. verrebbe ad assumere una
 composizione fortemente sbilanciata in  danno  dei  "soci  necessari"
 (regione,  provincia, comune), che potrebbero essere rappresentati in
 seno al C.d.A. con stesso numero  di  quelli  degli  altri  Enti  e/o
 privati".
   Con  riferimento  alla censura relativa alla nomina del presidente,
 va rilevata la netta superiorita' del medesimo in seno al C.d.A., nel
 quale e' ben lungi dall'avere posizione di primus inter  pares;  tale
 connotazione   e'   resa   evidente  dal  complesso  di  attribuzioni
 assegnategli,    tra   cui   piu'   significative   (a)   quella   di
 "amministratore unico delle Societa'" (art. 9.3), in caso di  ritardo
 della  nomina  anche d'un solo componente del C.d.A., e (b) il potere
 di "decidere con proprio provvedimento nei  casi  di  comprovata  (?)
 urgenza, salvo ratifica del C.d.A. nei trenta giorni successivi".
   Non  senza  -  a  margine  -  rilevare che la "partecipazione" alla
 Societa' di cultura, imposta dall'art. 5,  e'  imposta  ai  tre  Enti
 substatali  (regione,  provincia,  comune) senza che gli stessi siano
 stati minimamente interpellati se fossero disposti a far parte  d'una
 tal Societa'.
   4.  - Nel quadro della "venezianita'", sotto vari aspetti rilevata,
 appare evidente che (a) la regione deve avere una specifica  funzione
 (che  non puo' non andare al di la' della normale intesa prevista per
 gli "affari" misti  Stato-regione)  nell'approvazione  dello  statuto
 della   Biennale,   mentre   la  titolarita'  della  competenza  alla
 designazione del Presidente deve spettare alla Giunta regionale, come
 rappresentante naturale della funzione istituzionale  della  Societa'
 di  cultura, dotata della funzione di "preminente interese nazionale"
 (e non statale) ma avente sede istituzionale a  Venezia,  ed  essendo
 espressione  massima,  in  capo  culturale,  della  "venezianita' nel
 mondo". Un tanto anche sulla considerazione  che  il  "rappresentante
 della regione" viene - come dianzi rilevato - designato dal Consiglio
 regionale.
   Se  la  designazione del presidente della Societa' di cultura viene
 demandata dal legislatore ad un organo di governo, sembra evidente
  -  in  quanto  risultante  sia  dall'impostazione  complessiva   del
 provvedimento  istitutivo  della nuova Societa' di cultura, sia dalla
 natura e  connotazione  storica,  istituzionale  e  funzionale  della
 stessa  -  che  la  designazione del Presidente non puo' che spettare
 alla  Giunta  regionale  e  non  al  Ministro,  al  quale  ovviamente
 spettera' la designazione del "rappresentante" del Governo in seno al
 medesimo C.d.A.